Il gusto cambia per cultura e appartenenza. In alcune popolazioni indigene ad esempio il bello è per noi brutto e viceversa.
Fino al diciottesimo secolo l’estetica del gusto si limita al piacevole e al gradevole, ed entrambe affermano il bello ideale e il buon gusto come valori indiscutibili. Tra la fine del 700 primi anni dell’800 invece, alcuni artisti, promotori di una pittura neoclassica prima, romantica e moderna poi, stanchi delle regole accademiche che imponevano nel classicismo una visione allegorica del bello artistico, travalicano i canoni accademici per denunciare gli accadimenti del proprio tempo. Penso a La morte di Marat di Jacques-Louis David, a La zattera della Medusa di Théodore Géricault, a La libertà che guida il popolo di Delacroix, La guerra durante un attacco di gas di Otto Dix, solo per citarne alcuni. Questi artisti scelgono la comunicazione del reale a discapito della rappresentazione ideologica. Abbandonano l’idealizzazione del bello per aderire alla verità del brutto che invita a riflettere.
L’evoluzione culturale del linguaggio visivo, visto attraverso l’occhio della comunicazione, è da sempre segno distintivo della volontà di miglioramento e di resistenza sociale. Basti pensare alla Germania degli anni 30 e 40. In questi anni Hitler impone all’arte il proprio gusto, ossia l’affermazione del classicismo e la volontà di cancellare tutte le correnti artistiche, attive nei paesi controllati dalla Germania nazista, classificate come degenerate. Lo rende pubblico il 18 Luglio del 1937 in occasione dell’inaugurazione de La grande mostra dell’arte tedesca, con ingresso ad invito e pubblico selezionato. Il giorno dopo, sempre a Monaco, la resistenza artistica inaugura l’esposizione de l’Arte Degenerata. La mostra, a ingresso gratuito, cerca e accetta tutti: un pubblico da informare e con il quale relazionarsi, nazisti inclusi. Alle opere vengono accostati testi informativi e poetici. L’idea del bello ariano viene ostacolato e re-informato dal brutto comunicazionale da esporre e divulgare a tutti i costi. A costo di essere condannato all’esilio. A costo di essere condannato a morte.
La comunicazione visiva è da sempre l’espressione di un gusto che travalica l’estetica del bello e del brutto perché animato da un sentire universalmente capito, accettato e condiviso.