Branding e Arti visive - 3 Febbraio 2017

Il punctum, la fotografia unaria e la scelta di una comunicazione semplice

Niente sarebbe più buffo delle contorsioni dei fotografi per rendere vive idee banali. Mi fanno sedere ai miei pannelli, mi portano fuori (fuori è più vivo che dentro) mi fanno posare davanti ad un scala, alle mie spalle ci sono dei ragazzini che giocano, poi notano una panchina e allora subito (per fortuna inaspettata!) mi ci fanno sedere. Si direbbe che il fotografo atterrito debba lavorare moltissimo per far si che la fotografia non sia la morte. [...] Ah, se solo potessi "riuscire" sulla carta come sulla tela di un quadro classico con un'espressione nobile, un'aria pensosa, intelligente, ecc. Insomma se solo potessi essere "dipinto"(da Tiziano) o "disegnato (da Clouet). Roland Barthes

Ricordo perfettamente quando all'Accademia di Belle Arti, nella prima lezione del corso di fotografia, il docente ci chiede di uscire, acquistare una macchina usa e getta da 24 scatti, fotografare quello che noi ritenevamo interessante, (degno di essere fotografato), sviluppare le foto e studiare il risultato.

Considero la fotografia lo strumento con il quale indagare il vero e la possibilità di poter scorgere il razionale non percepito prima dello scatto. In tal caso il fotografo scattando dovrebbe sapere che non solo si sta adoperando nel duplicare il reale (risultato fine a se stesso), ma anche operando nel scoprire ciò che era così ben nascosto da non essere percepito se non attraverso il proprio sentire e lo strumento che lo concepisce.

Paradossale per chi oggi si limita a vedere la fotografia solo valutando il lato fascinoso; dissacrante per chi é abituato a pensare che una buona fotografia si possa realizzare esclusivamente con la macchina e l'obiettivo da migliaia di euro. Siamo assuefatti da immagini in full hd, da quelle da non sottoesporre né sovraesporre, da quelle da non sfocare perché diversamente saresti uno sfigato (cavolo pure con l'autofocus focus pixels dell'iPhone 7 non sei riuscito a mettere a fuoco ? )

In Crearts oggi prestiamo al canale social opere visuali generate attraverso la fotografia. La fotografia come mezzo e non come fine, strumento con il quale concepire immagini solo all'insaputa del soggetto fotografato, in modo da rivelare tutto ciò che contrariamente sarebbe stato nascosto.

... non appena mi sento guardato dall'obiettivo tutto cambia: mi metto in un atteggiamento di posa, mi fabbrico istantaneamente un altro corpo, mi trasformo istantaneamente in immagine. (Barthes)

Ci occupiamo di branding e di conseguenza non abbiamo (e vogliamo) occuparci di pubblicizzare prodotti destinati alla vendita. In realtà non ci occupiamo di pubblicizzare nulla. Il nostro lavoro e affine alla comunicazione e molto lontano dal marketing e dalla pubblicità di genere. Il nostro lavoro vuole generare coinvolgimento, interazioni, curiosità, interessi, stimoli, interconnessioni, relazioni....e perché no, cerca di creare involontariamente (non potrebbe essere altrimenti) il punctum.

Per fare ciò puntiamo verso un lavoro visuale che Barthes, riferendosi alla fotografia, chiama unaria, affermando che la fotografia unaria ha tutto per essere banale. Non sono d'accordo. La fotografia unaria ha tutto per essere semplice (che è diverso), e la sua semplicità sta nella facoltà di concedersi a tutti indistintamente. La fotografia unaria non accetta distrazioni, non è sporcata dal superfluo, non nasconde e non si nasconde perchè si espone in tutta la sua sincerità.

Sincera come "questa non è una pipa" di Rene Magritte, apparentemente banale nella tecnica eppure completamente orientata alla comunicazione. Ciò è oggettivamente professionale, sposa completamente le formule del branding e della comunicazione visiva in quanto si appropria del linguaggio universale.

Leonardo da Vinci, l'artista che ha dipinto il quadro più famoso di tutti i tempi (la Monna Lisa), sosteneva che

La semplicità è la suprema sofisticazione.

Noi, nel nostro piccolo, ci stiamo lavorando.