Buona lettura
Vittorio
Ci vuole cuore
Non si tratta (solo) di passione. Chi lavora in comunicazione ne ha da vendere. Ci vuole cuore. Un cuore capace di sentire e di servire. Un cuore che non si innamora delle proprie idee, ma delle persone per cui quelle idee nascono.
Servire un brand non significa fare il lavoro migliore in assoluto, ma farlo per quel cliente, in quel contesto e in quel momento. Attenzione però: il tutto dev’essere nutrito dall’approccio della controparte, perché la differenza vive in chi sceglie un rapporto anziché un fornitore.
Per quanto mi riguarda, preservare il mio team è il modo più diretto per salvaguardare la qualità del lavoro che offro. Un team che lavora con cuore, ascolto e dedizione non si improvvisa. Si coltiva. Si riconosce. Si protegge. Un triangolo che prevede fiducia reciproca, rispetto, visione condivisa e responsabilità.
Perché il lavoro non è solo prestazione
Il nostro lavoro è la nostra espressione più vera. È molto più che mettere le nostre competenze a disposizione di chi ne ha bisogno: è farci trovare al nostro posto perché è lì che vogliamo stare.
Le persone che scegliamo di servire hanno bisogno di noi. Ascolto, dedizione e soluzioni concrete sono un buon modo per dare ai nostri referenti quello di cui hanno bisogno. Un fare che è parte del nostro lavoro. Amiamolo e ameremo la vita che abbiamo scelto di vivere.
Non può essere altrimenti.
Perché servire bene è un atto di cura
Prendiamoci cura del nostro lavoro, prendiamoci cura delle persone che abbiamo scelto di servire e ci prenderemo cura di noi stessi.
Ogni atto di cura ci educa, ci affina, ci impreziosisce, ci orienta. Ed è in questo movimento silenzioso ma profondo che il lavoro smette di essere semplicemente mestiere, per diventare percorso di consapevolezza, conoscenza di sé e di chi vogliamo essere.