Oggi vorrei condividere con voi una riflessione su ciò che mi piace chiamare poesia d’impresa. È un concetto che trascende le strategie e i processi operativi, parla dell’anima del brand e di ciò che accade quando le persone, più che i ruoli, si incontrano.
Buona lettura
Vittorio Varavallo
Connettersi emotivamente per condividere
La poesia d’impresa esiste ed è viva nell’anima del suo brand. È evanescente, a tratti impercettibile, ma non per questo inesistente. La senti nell’aria ed è palpabile. La incontri negli occhi di chi la vive e sulla pelle quando ne percepisci la presenza. È quella che Howard Schultz chiama “anima del brand”.
Imprese del genere esistono per chi fa del proprio lavoro un progetto di vita (e non per chi fa della vita un lavoro) entusiasmante e partecipativo; per chi, salvaguardando la propria occupabilitá, partecipa alla generazione di valore.
Persone che non confondono i principi personali con il benessere aziendale.
La poesia d’impresa esiste laddove convivono persone che, spogliate dai propri ruoli, si connettono emotivamente per creare e condividere.
Quando la connessione si spegne
In un bellissimo articolo de ilSole 24 ore, Emanuele Castellani scrive: La connessione emotiva è quell’elemento che accende i riflettori sul fatto che la Great Resignation si scatena dove tale connessione si spegne.
E allora la domanda è: perché si spegne?
A volte è una scelta individuale. Altre volte è un ambiente che smette di nutrire relazioni sane. In molti casi, è il risultato di una struttura aziendale rigida, verticale, incapace di generare benessere. O, molto più semplicemente, dobbiamo ammettere che la condizione di essere umani ci rende imperfetti e condizionabili dagli eventi. Quando succede bisognerebbe fermarsi e ricordare che facciamo parte di un sistema connesso, a struttura circolare, dove la crescita non è individuale ma generativa. Dove il contributo delle persone che ci tengono sostiene chi viene prima e chi verrà dopo.
Vedere oltre il visibile, ascoltare davvero
Ci sono aziende che non si limitano a funzionare, ma esistono in un senso più profondo.
Esistono per chi vuole vedere oltre il visibile, per chi crede che il valore non si trovi solo nei numeri di bilancio ma nelle connessioni umane che generano impatto.
Esistono per chi ascolta davvero: il mercato, i clienti e le persone che ne fanno parte.
Non basta più avere un organigramma e un modello di business. Serve senso. E il senso si costruisce quando il lavoro è parte del nostro progetto di vita. Un lavoro è solo un lavoro quando lo vediamo come un dovere da eseguire, una lista di compiti da portare a termine. Un progetto di vita, invece, è qualcosa che ci appartiene, che cresce con noi, che evolve con la nostra esperienza, con la nostra visione del mondo.
Chi fa del proprio lavoro un progetto di vita:
- Non si limita a eseguire, ma partecipa attivamente alla costruzione di qualcosa di più grande.
- Non si sente solo parte di un meccanismo, ma è co-creatore di valore.
- Trova soddisfazione non solo nel compenso, ma soprattutto nel senso.
La poesia d’impresa nasce quando queste persone consapevoli si incontrano. Quando il valore individuale si trasforma in valore collettivo: un dare e ricevere simbiotico, che vive solo quando siamo disposti a connetterci davvero e che si pone (non dimentichiamolo), trattandosi di persone, in un bellissimo equilibrio precario