Branding e Arti visive - 4 Gennaio 2018

Ensor e gli altri sé digitali.

Il digitale ha modificato la nostra percezione di spazio contenitore.

Col termine hosting - ad esempio - si intende lo spazio web (il contenitore) nel quale risiedono, tra l'altro, in maniera ordinata i file di un sito da spostare, conservare o eliminare.

É di uso comune anche la definizione "entra nel mio profilo social per conoscermi di più ...", Considerando quindi quello spazio un'area nella quale entrare per acquisire informazioni concrete sul nostro modo di essere e di fare.

Di conseguenza il digitale ha anche modificato la nostra percezione di altro. Nel nostro spazio contenitore social conserviamo in maniera pubblica il nostro altro: alter ego di mondi digitali sempre più reali e ai limiti della sostituzione fisica.

Con l'ausilio dei nostri profili social sviluppiamo nuove realtà: specchi di una vita organica per altri sé; cloni che interagiscono con forme e modi estranei al nostro abituale modo di fare. Attraverso i social network siamo capaci di sfidare le nostre paure, i nostri dubbi, le nostre certezze, il nostro senso civico e i nostri valori culturali; consapevoli che non sono altro che il nostro duplicato: maschere da indossare in grado di modellare la nostra personalità digitale da utilizzare all'occorrenza.

Ci sono circostanze in cui attraverso il digitale ritroviamo noi stessi accomunandoci. È paradossale pensare che i social network ci rendono asociali quando in realtà sono l'unico strumento utilizzato durante i conflitti bellici, quelli religiosi o civili per informare e comunicare in tempo reale. I social uniscono lì dove la fede e l'odio divide. (e questo è un dato di fatto.)

Mentre scrivo penso ad Ensor, al suo "entrata di Cristo a Bruxelles", un'opera di fine ottocento che per essere esposta ha dovuto attendere 50 anni; "Vive la Sociale": troppo schietta, troppo vera, troppo sincera per essere accettata.

Pensa alle possibilità date oggi dai social. Oggi Ensor avrebbe pubblicato la sua ricerca su Instagram e forse l'avrebbe contestualizzata su Twitter.

La massa apparentemente anonima si fa beffa del Cristo che entra in città accompagnato dalla banda musicale. Ogni singolo personaggio di Ensor, unito in un insieme apparentemente caotico, é molto di più di una maschera grottesca o di un'espressione caricaturale volutamente pittoresca, rappresenta il sentire fine e sensibile dell'artista che vive una realtà sociale strumentalizzata e senza filtri. L'uomo indipendentemente dalla sua reale fisiognomica, (bello, brutto, cattivo, altruista, egoista, menefregista e chi più ne ha più ne metta) sceglie di essere più che di apparire, un "essere" che non è mai indifferente: personificazione questa e allo stesso tempo impersonificazione dell'utente digitale di questo secolo.

Una visione positivistica non ti pare?